Beltane

LA FESTA DELLA FERTILITÀ

La fine della metà oscura dell’anno e l’inizio dell’e­state ha costituito da sempre un momento di passaggio, in cui la rigenerazione della vita vegetale è anche la resurrezione della vita cosmica, un ritorno al tempo mitico degli inizi.

Nella tradizione celtica le due feste maggiori erano quel­le che segnavano rispettivamente l’inizio dell’estate e l’inizio dell’inverno.

Come molte altre popolazioni pastorali, gli antichi Celti avevano infatti due sole stagioni, non quattro: la metà oscura e la metà luminosa dell’anno. Nel Nord Europa inoltre, gli effetti della primavera cominciano a sentirsi solo all’inizio di maggio. Le successive suddivisioni dell’anno furono introdotte più tardi dagli agricoltori.

Gli antichi Celti celebravano il 1° maggio la festa di Beltane (pron. Beltein), nome anglicizzato che corrisponde al gaelico irlandese Bealtaine (pron. B’ioltinna) e al gaelico scozzese Bealtuin (pron. B’ialten).

In Scozia Bealtuin è il Giorno di Maggio, May Day, mentre in Irlanda Bealtaine è il nome dell’intero mese di maggio.

Beltane significa “i fuo­chi di Bel”, i quali venivano accesi in onore di Bel (Beh, Balor o Belenos sono altri nomi con la quale è conosciuto in varie aree celtiche). Bel è il “Luminoso”, dio di luce e di fuoco. Non una divi­nità solare, perché per i Celti il sole era un’entità femminile, tuttavia presentante alcuni attributi solari. Una controparte celtica di Apollo, tanto per tracciare un parallelo con altri ambiti culturali.

Il sole in molte tradizioni antiche era un sim­bolo della divinità, non la divinità stessa. Se questo può sem­brare un concetto strano, basti pensare al Cristianesimo dove non viene adorato l’agnello ma, tuttavia, questo animale è simbolo di Gesù Cristo.

Le quattro feste celtiche hanno in fondo un carattere stagionale e ctonio più che solare e cele­ste, a differenza delle feste solstiziali ed equinoziali. Per questo molti studiosi hanno interpretato Bel come l’equiva­lente del gallico Cernunnos e del britannico Heme, due divi­nità maschili della fertilità, signori dei boschi e degli animali, come indicano le loro corna nelle raffigurazioni che ci sono pervenute. Essi sono la controparte nordica di Pan e il loro culto, celebrato nei boschi e nelle campagne, soprav­visse a lungo nel Medio Evo, tanto che può aver contribuito a creare l’immagine delle streghe adoratrici del demonio. Agli occhi degli ecclesiastici che cosa altro poteva essere un’entità animalesca munita di corna, e i cui fedeli celebra­vano riti orgiastici?

Simbolicamente Cernunnos e Bel pos­sono essere due aspetti del Dio Padre che feconda la Dea Madre, aspetti rappresentati dai due temi che dominano la festa di Beltane: fertilità e fuoco. 

Il fuoco in questa festa rappresenta appunto il calore della passione che genera la vita. I fuochi di Bel erano accesi sulle colline per celebrare il ritorno della vita e della fertilità nel mondo. Ogni dan, o tribù, accendeva ritualmente grandi fuo­chi per mezzo di scintille sprigionate da una selce.

In Scozia, negli Highlands centrali, i fuochi di Beltane erano accesi tra­mite il cosiddetto needfire, il “fuoco della necessità”, o“fuoco della miseria”. Si usava allo scopo una tavola di quer­cia forata ed un palo, pure di quercia, che veniva fatto ruota­re velocemente per mezzo di una corda. La tradizione fissava in “tre volte tre” o “tre volte nove” il numero di colo­ro che dovevano far girare questo strumento.

In Galles, nella Valle di Glamorgan, nove uomini rimuo­vevano dalle loro persone tutti gli oggetti di metallo e anda­vano nei boschi a raccogliere nove diversi tipi di legna; poi, in un buco scavato nel terreno veniva deposta la legna rac­colta, che era accesa ritualmente con due pezzi di legno(anche qui di quercia) sfregati insieme per provocare scin­tille. I nove diversi tipi di legna erano probabilmente i nove legni sacri dei Druidi. Essi erano forse: sorbo selvatico, quercia, salice, nocciolo, betulla, biancospino, melo, pino, vite – o rovo (altri elenchi danno al posto delle ultime tre piante il sambuco, il tasso e il vischio – o ginepro).

Il nume­ro nove nella tradizione celtica è il numero che indica la completezza, quindi simbolico del cosmo. Tuttavia le accensioni rituali di fuochi si ritrovano anche al di fuori del mondo celtico. Ad esempio, in varie regioni europee i fuochi solstiziali erano accesi mediante una ruota fatta girare intorno ad un piolo fisso, mentre riti simili erano osservati nell’India vedica e a Roma per riaccendere il fuoco di Vesta. Lo sfregamento di legnetti, il tabù circa l’uso di metalli, l’utilizzo di selci, ci rinvia forse a epoche remotissime, antecedenti qualsiasi civiltà storica e testimonia l’antichità di queste tradizioni.

Il fuoco sacro era simbolo del fuoco celeste, del calore primordiale che produsse la creazione e che si ripresentava a ogni ritorno della primavera. E’ significativo l’uso di legno di quercia; infatti, la quercia è l’albero attribuito alla metà luminosa dell’anno che proprio a Beltane celebra il suo trionfo.

Nell’Irlanda pagana nessuno poteva accendere un fuoco di Beltane finché l’Ard Ri (Grande Re) non avesse acceso il primo fuoco rituale sulla collina di Tara, il centro mistico e politico dell’antica Irlanda. San Patrizio sfidò que­sta usanza per distruggere le usanze pagane e San David fece una cosa simile in Galles. I fuochi di Beltane venivano spesso accesi in coppia, e tra i due fuochi veniva fatto passare il bestiame, per propi­ziare latte abbondante, fertilità e buona salute per tutto l’an­no, prima di essere condotto ai pascoli estivi. Ci poteva essere una spiegazione “razionale” per questa pratica dato che il calore poteva uccidere i batteri e i microbi accumula­tisi sulla pelle degli animali nelle sporche stalle invernali, ma il significato principale era comunque quello di una purificazione rituale tramite il fuoco, una vera e propria “pulizia di primavera”. Il fuoco distrugge i poteri ostili, purifica l’aria e favorisce la fertilità di tutti gli esseri viven­ti. Incidentalmente, un detto gaelico che dice: “essere preso tra due fuochi di Beltane”, sta ancora oggi a indicare il tro­varsi in un dilemma.

Anche le persone e gli oggetti veniva­no fatti passare attraverso i due fuochi.

La gente danzava attorno ai falò: si danzavano danze con alti salti quali: la Danza del Cervo e la Danza del Salmone Saltante, ricordi di antiche danze di caccia e pesca. Molte donne danzavano in cerchio su bastoni di legno in una frenetica danza di fer­tilità, per promuovere la crescita dei nuovi raccolti (i basto­ni divennero poi manici di scopa ma la loro forma fallica suggerisce sempre il tipo di energia che veniva evocata).

Quando le fiamme dei falò iniziavano ad abbassarsi le persone saltavano sui fuochi, usanza ancora praticata in Scozia e in Irlanda, per propiziarsi la fortuna. Così giovani e ragazze saltano per trovare l’anima gemella, i viaggiatori per garantirsi viaggi sicuri, le spose per ottenere figli e perfino le donne gravide per assicurarsi un parto facile. Infine, le cene­ri dei fuochi venivano (e ancora oggi è così in certe località ) sparse sulla terra per garantire la fecondità dei campi.

Dopo le danze e i salti spesso le giovani coppie si apparta­vano col favore dell’oscurità continuando a modo loro le cele­brazioni. Infatti, Beltane era una festa di fertilità nella quale la Madre terra e il Grande Dio dei boschi si accoppiavano. Per la gente comune era una festa orgiastica. Per tutta la notte del 30 aprile (come si è detto i Celti facevano cominciare i giorni dal crepuscolo del giorno precedente) si susseguivano in un’atmosfera orgiastica banchetti e danze, che terminavano con l’avvento della nuova vita. Su questa notte vegliava la Grande Dea della fecondità, che dominava allo stesso tempo il destino dei semi e quello dei morti e che perciò era la Dea della Morte in Vita.

Si entrava in comunicazione con il mondo infero e con i defunti.

Il grande studioso Mircea Eliade giu­stamente assimilò i semi ai morti, che aspettano di tornare in vita sotto una nuova forma e perciò si accostano ai viventi nei momenti in cui la tensione vitale raggiunge il culmine, cioè nelle feste di fertilità, quando sono evocate le forze generatri­ci della Natura.

I morti necessitano dell’esuberanza organica dei vivi, così come i viventi necessitano dell’aiuto dei morti per far germinare i semi dei nuovi raccolti (dopotutto, Beltane si erge diametralmente in opposizione all’altra porta dell’anno Samhain, festa dei morti). I bambini generati in questa notte si credeva fossero i morti ritornati in vita e Beltane veniva definita anche la Festa della Generazione dei Bambini.

In questo periodo, vero e proprio momento “caotico” di passaggio, le leggi della realtà ordinaria sono quasi sospese e si aprono le porte dei regni ultraterreni come il sidhe, il regno fatato dei Celti. A differenza dei defunti umani, gli esseri fatati non sempre sono benevoli. In questo periodo le fate appaio­no agli umani e chiunque si addormenta sotto un biancospino (albero fatato) rischia di essere portato via da loro. Molte leg­gende associate a queste feste riguardano spesso gli incanta­menti dell’Altro Mondo.

Un mito legato a Beltane è quello gallese di Lludd.

Ogni vigilia di Beltane il regno di Lludd sof­friva a causa di uno spaventoso grido che provocava la sterili­tà nei campi, negli esseri umani e negli animali, facendo morire giovani e anziani e togliendo la forza agli adulti. Lludd scoprì che la causa di questo incantesimo era il combattimen­to fra il drago di Britannia e un drago straniero. Egli li cattu­rò e li rinchiuse. Significativamente Lludd è figlio di Beh.

La notte del 30 aprile fu demonizzata per questi motivi dal Cristianesimo, che ne fece una notte di convegni di spi­riti e di streghe, da cacciarsi per intercessione di Santa Valpurga, monaca inglese dell’VIII secolo e badessa del monastero tedesco di Heidenheim. In Germania questa è appunto la Walpurgisnacht o Notte di Santa Valpurga.

Ma anche nel folklore “pagano” europeo si prendevano precauzioni contro le fate e gli spiriti malvagi. Era (e spes­so ancora è) tabù sposarsi a maggio perché era il mese delle Nozze Sacre del Dio e della Dea, e in Inghilterra non si comprano scope nuove di maggio, perché esse spazzerebbe­ro via la buona fortuna.

La festa celtica di Beltane divenne la festa medievale di Calendimaggio.

L’inizio della bella stagione era celebrato con tornei, dove il vincitore, personificazione del Dio vitto­rioso sulle tenebre invernali, otteneva il diritto di sposare la damigella per cui si era battuto.

In molte località europee divenne usanza formare comitive di giovani che giravano per i villaggi cantando stornelli e augurando la buona fortu­na (il “cantar maggio” di molte località toscane). Rami e fiori venivano portati dai boschi la mattina di Beltane per decorare porte e finestre o per fabbricare ghirlande, che i giovani portavano in giro per le strade cantando e chieden­do cibo e dolci in cambio. Infatti una caratteristica dei festeggiamenti di Beltane è la celebrazione della vegetazio­ne, così una usanza celtica era quella di appendere una ghir­landa primaverile (simbolo della grande Dea) a un tronco privo di rami (simbolo fallico del Dio selvaggio).

In Inghilterra il simbolo della festa di maggio, o May Eve (“vigilia di maggio”), divenne l’albero o palo piantato nelle piazze dei villaggi e adornato di nastri multicolori. Il palo di maggio non è altro che l’Albero Cosmico, l’Axis Mundi che collega i tre regni cosmici (celeste, terreno e infero). Gli sciamani usano l’albero cosmico per ascendere fino al mondo Superiore o discendere a quello Inferiore, come gli sciamani siberiani che usavano ritualmente un palo di betul­la a sette pioli. In Galles la danza attorno al palo di maggio era chiamata “danza della betulla”.

Tutto ciò che è vivente si manifesta con un simbolo vegetale, e la vita che risorge celebra il suo trionfo intorno al palo delle danze, simboleggiata dai danzatori che, afferrato ciascuno l’estremità di uno dei nastri, muovevano in direzioni opposte (gli uomini in un senso e le donne in un altro), finendo con l’intrecciare i nastri intorno al palo e con le coppie abbracciate. La danza della vita che muovendo in cerchi e spirali unisce tutti gli opposti, danza di morte e di rinascita.

Ma a Beltane il palo di maggio ha anche un ovvio significato fallico, il potere fecondante della divinità maschile immerso nel grembo della Madre Terra e sormon­tato spesso dalla ghirlanda femminile della Dea.

A Cerne Abbas nel Dorset, Inghilterra, c’è la figura antica del Gigante di Gesso, forse il Dio Padre celtico Dagda, con la dava e il fallo eretto. Fino a epoche recenti il palo di mag­gio era eretto sopra questa figura rappresentata su una col­lina gessosa e le donne che volevano un bambino visitavano il luogo trascorrendo anche la notte sul fallo del gigante.

Si può facilmente comprendere perché i Puritani proibissero nel 1641 i pali di maggio, ripristinati solo successivamente con la restaurazione monarchica!

A Beltane si eleggevano tra i giovani anche il Re e la Regina di maggio, rappresentati in terra delle antiche divi­nità, che regnavano per tutta la festa portando in processio­ne i sacri rami (i “Maggi”) nei boschi e che spesso governavano anche le altre feste e danze dell’anno. La Regina simboleggia la giovane Dea dei Fiori e la nuova cre­scita e il Re rappresenta il Dio della Vegetazione e della morte dell’inverno, divinità personificata nel folklore come Jack-in-the-Green, cioè Jack il Verde. E’ il Verde Giorgio del folklore primaverile dell’Europa dell’Est, ma è anche l’uomo vegetale scolpito nei pilastri e nelle travi delle catte­drali gotiche e romaniche (i boschi sacri della nuova reli­gione). Infine, tutte le coppie si appartavano di nuovo nei campi e nei boschi, con la scusa di portare il Maggio o rac­cogliere fiori, e questo provocò nel corso dei secoli dure reazioni da parte delle autorità ecclesiastiche. Un chierico scozzese scrisse “che a fatica una ragazza torna a casa vergi­ne”. Più tardi lo scrittore Rudyard Kipling scriverà nella sua poesia “A Tree Song”:

“Oh, non dite al prete della nostra promessa che la chiamerebbe peccato.
Ma noi siamo stati fiori nei boschi tutta la notte”.

 

Le leggende relative a Robin Hood, Lady Marian e Little John hanno giocato un ruolo importante nel folklore britan­nico della Vigilia di Maggio. Pare che queste figure, lungi dall’avere una realtà storica, siano simboli dei culti di ferti­lità sopravvissuti in epoca medievale. I cognomi inglesi Robinson, Johnson, Hodson derivano da antenati a cui ven­nero dati tali soprannomi (“Figlio di Robin”, ecc.), in quan­to figli di questi “matrimoni” boscherecci.
Queste usanze possono sembrare a qualcuno volgari, tut­tavia la fertilità e la continuazione della stirpe erano cose di primaria importanza. I figli erano una ricchezza e una bene­dizione, anche se illegittimi.

Ma la festa di Beltane era caratterizzata anche da altre usanze.

Ad esempio, analogamente al solstizio d’estate, in molte località europee si riteneva questo periodo propizio alle sorgenti miracolose e si compivano riti e pellegrinaggi alle sacre sorgenti. Così la rugiada raccolta all’alba del primo maggio era particolarmente potente e si usava come liquido calmante per gli occhi o come lozione di bellezza.

Un altro rituale folkloristico è quello, tuttora esistente nelle Isole Britanniche, del cavalluccio di legno, Hobby Horse o Oss come viene chiamato.

Appena prima di mezzanotte i Maggiaioli del villaggio di Padstow si recano alla locanda dove l’Oss è conservato e cantano un canto augurale al pro­prietario della locanda e a sua moglie. L’Oss è fatto di un cerchio ricoperto di pelli, con un palo munito di una man­dibola di legno che si apre e si chiude. Il tutto viene indos­sato da un danzatore che gira per le strade accompagnato da musici che suonano un tamburo e una fisarmonica. Ogni volta che la musica cessa, esso si accascia per sollevarsi dopo un po’. L’Oss (che si ritiene abbia forti poteri di ferti­lità) viene imbrattato di grasso scuro, così che qualsiasi ragazza catturata da esso ne veniva segnata. L’Oss moriva a mezzanotte per rinascere l’anno successivo.

Tipici delle feste di Beltane sono anche le danze o le corse nei labirinti.

Spirali e labirinti sono simboli antichissi­mi, che si vedono incisi e scolpiti in molti monumenti sepol­crali preistorici. La famosa triplice spirale di Newgrange potrebbe simboleggiare la natura ciclica di morte e rinasci­ta. Molte usanze più tarde, espresse dai labirinti tagliati nel prato o costruiti con siepi, possono avere avuto un significa­to di fertilità, ove le danze rituali attraverso i labirinti stava­no a indicare la rinascita della vita a primavera. La stessa danza intorno al palo di maggio ha un andamento a spirale.

 

 

Il periodo del primo maggio era un momento sacro anche in altre tradizioni pagane europee.

Nell’antica Roma il 1° mag­gio era la festa di Flora, protettrice delle piante in fiore.

Le sue feste impudiche e gioiose come quelle di Beltane, comprende­vano cacce ineruente ad animali mansueti, offerti in premio alle cortigiane vincitrici di scherzose gare di corse e combatti­menti. Durante i Floralia ci si vestiva con abiti multicolori ad imitazione dei fiori.

La notte del primo maggio era sacra a Bona Dea, ai cui misteri non erano ammessi gli uomini, men­tre il giorno dopo si celebrava Maia, sposa di Vulcano che dava il nome al mese. Bona Dea era forse Fauna, signora delle selve probabilmente collegata ad Angitia, dea dei Marsi, e come questa patrona dei serpenti. Il serpente, occorre ricordare, è un altro simbolo della vita che si rinnova e rappresenta anche il potere fecondante del Dio (l’esclusione degli uomini significa­va forse questo: l’unica energia maschile ammessa era quella del Dio e nessun mortale poteva soppiantarla).

Così da un capo all’altro d’Europa e per tutta l’antichità del Medioevo, un simbolismo comune dominava questo periodo dell’anno: giochi e feste che celebrano il ritorno della primavera e della fertilità.

Pianta sacra di Beltane è il biancospino, la cui fioritura rappresentava per i Celti l’inizio della festa. E’ pianta della Dea, come la quercia è l’albero del Dio. Si dice infatti che il suo profumo ricordi quello della sessualità femminile. Inoltre è anche una pianta legata all’Altro Mondo, associa­ta alle fate. Piante di biancospino che crescono solitarie su una collina o vicino ad una sorgente sono ritenute segnali del regno delle fate. Gli esseri fatati abitano nelle piante di biancospino. Il tabù sulla raccolta di questa pianta viene sospeso a Beltane, quando può essere raccolto per la festa o per essere portato in casa (analogamente al tabù sulla cac­cia alla lepre in primavera). Così la rugiada raccolta dai rami di biancospino è a Beltane benefica e indicata per le ragazze che vogliano conservare la loro bellezza.

 

CELEBRARE BELTANE

Beltane è un momento in cui le energie della luce e della vita si manifestano nel loro aspetto più gioioso e trionfale.

Questo è un tempo in cui celebriamo il ritorno dell’estate e della fertilità, periodo di scampagnate e feste all’aperto. E’ un periodo dell’anno in cui di solito ci sentiamo fisicamente bene, in cui i nostri bioritmi si sono adattati alle accresciute ore di luce e ci siamo lasciati alle spalle i momenti critici della fine dell’inverno e dell’inizio della primavera. Quindi è il momento adatto per operare, per condurre a realizzazione le cose che ci siamo prefissati di compiere. Anche psicologicamente i nostri pensieri si volgono all’e­sterno, per fare e operare.

Questa estroversione stagionale fa’ sì che questa sia un’epoca propizia ai nuovi amori e alle nuove amicizie, come anche al rafforzamento delle relazio­ni già esistenti. E’ il momento di passare più tempo con gli altri. E’ anche tempo di stimolare la nostra creatività e la nostra fer­tilità interiore.

Possiamo celebrare questa festa in vari modi.

Seguendo le tradizioni possiamo piantare un palo di maggio in un prato e danzare con i nostri amici. Oppure, possiamo mette­re ghirlande di fiori attorno ad un albero. Un’altra tradizio­nale attività di Beltane è attaccare nastri rossi (colore della passione) a cespugli di biancospino per propiziare amore, fortuna o guarigione.

Si possono accendere due piccoli fuochi e passare in mezzo ad essi per purificarci, sentendo la loro energia riem­pire i nostri corpi quando attraversiamo il loro spazio.

Se vogliamo si può celebrare questa data in un modo più rituale.

La vigilia del primo maggio accendiamo un piccolo fuoco all’aperto, o se desideriamo restare in casa o non abbiamo la possibilità di trovare uno spazio adatto, una candela rossa dicendo:

 

“Signore del Bosco porta i tuoi doni di fecondità perché la terra si desti dal suo sonno”.

 

Poi si accende un secondo fuoco a sinistra del primo (o una can­dela color verde), dicendo:

“Bella Signora della Terra, gioi­sci. Il Grande Cervo viene a cercare la sua sposa perché l’estate è arrivata”.

 

Poi passiamo in mezzo ai due fuochi per tre volte, salutando l’estate che è arrivata e gridando “Bel!”.

Si medita per un attimo sui misteri della fertilità, con riferi­mento sia al fiorire della Natura, sia alla nostra fertilità inte­riore.

Possiamo infine consumare ritualmente vino e dolci (lasciandone sempre una parte per la Madre Terra e le sue creature). Questo è un rituale che sarebbe preferibile celebrare con altre persone o, ancor meglio, col proprio partner. In quest’ultimo caso il rito può terminare nel modo in cui terminavano i festeggiamenti intorno ai fuochi di Beltane o al palo di Maggio, con un bel “matrimonio” silvestre nel nome di Robin Hood e di Lady Marian (non è necessario procreare un “figlio di maggio”!!!).

 

Testo revisionato e corretto dalla redazione di Occulto Mundi

Tratto dal libro Feste pagane di Roberto Fattore